EMILIO PRINI, UNA MESSA IN SCENA

Atto primo

Personaggi

Francesca

Sirio

Scena: l’interno di un ristorante all’interno di una via. Nella via: automobili, pioggia, alberi. Nel ristorante: gente, tavoli, sedie, piatti e bicchieri in ordine sparso. Francesca e Sirio seduti a un tavolo conversano. 

FRANCESCA: Ammetterai che è una scelta quantomeno coraggiosa quella di portare un artista come Emilio Prini dentro la tua Osart gallery. Cosa ti affascina della sua arte?

SIRIO: Certamente il personaggio perché, sebbene sia stato inserito tra gli artisti dell’Arte Povera, io lo considero più uno spirito libero, un cane sciolto. Parlare delle opere di Prini o dell’arte di Prini è abbastanza inutile se non si parla anche di Prini come personaggio. Nel senso che è stato talmente coerente nel suo modo di vivere che questa stessa coerenza l’ha portata anche nella sua indagine artistica: non c’è nulla di certo, nulla di stabile, di realmente codificato, perché lui era così. Non ci sono nemmeno libri o pubblicazioni in merito al suo lavoro perché in teoria il suo lavoro consisteva nell’annullamento del lavoro stesso. La gran parte delle opere esistenti di Prini in realtà lui avrebbe voluto fossero distrutte e che rimanesse solo la fotografia come testimonianza.

Emilio Prini, Osart gallery

Emilio Prini, Senza titolo, 1997, biro su invito, cm. 11 x 17

FRANCESCA: Muovendo da queste premesse teoretiche, come hai articolato la mostra?

SIRIO: Ci sono dei concetti sui quali abbiamo insistito, insieme a Emilio Corti che è stato l’assistente di Prini, e sono quelli di ‘standard’ e ‘non standard’. La sala principale è una sala ‘standard’ con un allestimento molto minimale per cui i lavori sono equidistanti gli uni dagli altri. Abbiamo deciso di installare tutte le opere appoggiandole a terra perché forare una parete per appendervi l’opera avrebbe significato virare da un concetto di ‘non standard’ a un concetto di ‘standard’. Invece la stanza più piccola è quella più caotica, quella ‘non standard’ in cui viene meno la coerenza. Non c’è vuoto e nemmeno rispetto delle proporzioni. Diciamo che abbiamo provato, tenendo sempre in mente quella che poteva essere la volontà dell’artista, a creare un percorso storiografico concependo una mostra che fosse in sintonia con il lavoro della nostra galleria. Questa scelta può piacere o non piacere, forse ai puristi piacerà poco, ma ha un suo senso. E’ chiaro che se volessimo rimanere totalmente fedeli a Prini in realtà nemmeno avremmo dovuto farla una mostra. E’ sicuramente molto complicata, una mostra provocatoria, come dire: andiamo oltre!

Francesca ringrazia Sirio ed esce di scena chiudendo la porta del ristorante. Si spengono le luci del teatro. Palco vuoto. Rumori di traffico, acqua ecc.

Emilio Prini Osart gallery

Emilio Prini, Senza titolo (Punto - ipotesi sullo spazio totale), c.a. 1967, stampa tipografica, cm. 50 x 70

Atto secondo

Personaggi

Francesca

Emilio

Coro

Scena: aprile, interno giorno, Osart gallery. Dalle vetrate filtra una luce chiara che illumina due stanze in cui si vedono, poggiate a terra, delle opere. Francesca entra in scena rivolgendosi ad Emilio il quale resta fermo immobile in un punto visibile ma non visibile dello spazio. Sullo sfondo il coro. 

FRANCESCA: Promuovere un nuovo modo di pensare e di agire, spingersi oltre i limiti imposti dalle definizioni, cercarne di nuove, ambire alla libertà assoluta dalla forma e dalla tecnica. Contrastare l’inerzia della moderna condizione umana nell’era industriale con il potenziale energetico della materia: sia essa fatta di cotone o piombo o di tubi al neon. La designazione di Arte Povera interessa attitudini plastiche e modi operativi che si distinguono ognuno per la propria individuale originalità ma che hanno in comune l’indagine sull’uomo, sul suo modo di agire e pensare, la percezione della realtà nella sua complessità. In che misura lei si sente un “Poverista”?

Emilio Prini Osart gallery

Emilio Prini, Governo non-standard, 1986, MDF, plastica trasparente, scotch e cornice, cm. 190 x 100

EMILIO:

Coro (legge un passo tratto da “Emilio Prini  – Fermi in dogana” di Adachiara Zevi in riferimento alla mostra Fermi in dogana concepita e messa in scena da Emilio Prini presso il Musée d’Art Moderne et Contemporain di Strasburgo nel 2005 )

CORO: La mostra, del resto, è popolata di oggetti e immagini in transito. La sua provvisorietà, immediatezza, messa in scena spesso ironica e giocosa, non hanno infatti il sapore un po’ stantio delle retrospettive ma la freschezza delle prime apparizioni dell’Arte Povera, movimento con cui Prini ha condiviso le vicende dagli esordi alla mostra conclusiva del 1971 a Monaco. E quella attitudine ha continuato e continua a guidare un percorso appartato e intransigente.

Emilio Prini Osart gallery

Emilio Prini, Fermi in dogana, 1995, Stampa offset, cm. 160 x 120

FRANCESCA: Intuisco che la domanda non abbia destato il lei in benché minimo interesse, tanto da non rispondermi. Ma è stato proprio il suo esordio, avvenuto in occasione della mostra Arte Povera – Im Spazio organizzata da Germano Celant presso la galleria Bertesca di Genova nel 1967, a rendere in qualche modo lecita la mia curiosità. Comunque, le piaccia o meno, lei rimane una delle figure più enigmatiche e forse tra quelle meno indagate di questo movimento artistico, se non altro per quella inconfondibile propensione a distruggere le sue opere conferendo alle stesse un carattere per così dire effimero, contingente. Esistono poche testimonianze del suo lavoro, per lo più riproduzioni fotografiche in bianco e nero. L’assoluta autenticità, la necessità di non ripetersi, la volontà di un’arte autonoma, che non sia serva di interessi estranei, che non si pieghi a bisogni altri, sono temi portanti della sua riflessione concettuale. Me ne può parlare?

Emilio Prini Osart gallery

Emilio Prini, Senza Titolo (Appunti da un taccuino di legno), 1996, matita e gesso su legno, cm. 220 x 125 x 0,5

EMILIO:

Coro (legge un passo tratto da “Arte povera. Appunti per una guerriglia.” di Germano Celant 23-11-1967)

CORO: Un nuovo atteggiamento per ripossedere un “reale” dominio del nostro esserci, che conduce l’artista a continui spostamenti dal suo luogo deputato, dal cliché che la società gli ha stampato sul polso. L’artista da sfruttato diventa guerrigliero, vuole scegliere il luogo del combattimento, possedere i vantaggi della mobilità, sorprendere e colpire, non l’opposto.

Emilio Prini Osart gallery

Emilio Prini, Standard (#1 #2 #3 #4), 1967-1971, stampa su carta, cm. 19 x 110 e Emilio Prini, Senza titolo (da X Edizioni) 1986, foto e disegno su foto, cm. 10 x 15

FRANCESCA: Vuoto e pieno, standard e non standard sono altri concetti fondanti della sua poetica. Del resto proprio adesso ci troviamo in uno spazio a ben vedere dicotomico, in cui opere disposte in maniera ordinata e alla stessa distanza l’una dall’altra convivono con altre disposte sul pavimento alla rinfusa. Una sensazione di vuoto – spazio dell’assenza – nella sala principale. E una sensazione di pieno – spazio della presenza – nell’altra sala. Anche lei, a dire il vero, coerente con la sua arte, non capisco se c’è o non c’è, se la vedo o non la vedo. Vuole essere visibile o invisibile? Sembra che il tentativo di demistificare la figura dell’artista abbia prodotto la sparizione dell’artista stesso.

Emilio Prini Osart gallery

Emilio Prini, Opere varie 

EMILIO:

Coro (legge un passo tratto da Flash Art XVI Edizione 2019 “Non creo, se possibile” di Emanuela Nobile Mino)

CORO: Modalità che in Prini trovano un’estremizzazione attraverso la maturazione di un drastico processo di sottrazione e di negazione del dato reale e che conduce, in alcuni casi, al presenzialismo “rapido”, in altri alla totale sparizione, all’assenza fisica dell’oggetto e dell’artista stesso dalla scena dell’arte. La condizione di metamorfosi dell’opera, la sua trasmigrazione dall’universo retinico a quello dell’invisibile, pone le basi per una potenzialità processuale illimitata che scompagina l’univocità di percezione del fruitore.

Emilio Prini Osart gallery

Emilio Prini, Senza titolo da 6 passi da un metro, 1967 - 2010, stampa tipografica, cm. 24 x 17,5

FRANCESCA: Pieno e vuoto dovrebbero suggerire anche a me, che ho la presunzione di redigere un testo scritto, di indugiare nel silenzio. Perché il suo di silenzio, in risposta alle mie domande, non fa che rimarcare il suo rifiuto nei confronti di qualsiasi ipotesi interpretativa del suo lavoro e programmatica dell’arte in genere.

EMILIO: MA/LI/DU/K/POL/WA *

Francesca ringrazia Emilio ed esce di scena chiudendo la porta della galleria. Si spengono le luci del teatro. Palco vuoto. Rumori di traffico, acqua ecc.

*(una della celebri frasi c.d. nosense di Emilio Prini)

Emilio Prini Osart gallery

Emilio Prini, Senza titolo (Punto - ipotesi sullo spazio totale) c.a. 1967, stampa tipografica, cm 50 x 70 e Emilio Prini, Senza titolo (da Goya), 1979, stampa offset, cm. 70 x 50

Atto terzo

Personaggi

Signore

Francesca

Scena: 27 marzo 2019, interno notte, Osart gallery, il momento dell’inaugurazione. Dalle vetrate filtra una luce artificiale che illumina due stanze in cui si vedono, poggiate a terra, delle opere. Il Signore entra in scena rivolgendosi a Francesca la quale resta immobile in un punto ben visibile dello spazio.

SIGNORE: Una mostra molto concettuale, è d’accordo?

FRANCESCA: Nella misura in cui tutta l’arte lo è, se intendiamo per arte la pratica di indagare i concetti. Una mostra difficile forse, è d’accordo?

SIGNORE: Non così difficile. Si tratta in fondo di familiarizzare con il lavoro di Prini che è un lavoro di riduzione ai minimi termini, il lavoro di uno che impoverisce i segni, li riduce agli archetipi. C’è uno stretto legame con il Teatro Povero di Grotowski, è evidente. Conosce un po’ il teatro lei?

FRANCESCA: Poco, so poco di tutto. Mi piace, di tanto in tanto, mettere in atto delle scene. Più per trovarvi rifugio che mossa dalla reale ambizione di dire. Ma questa è un’altra storia ancora.

Emilio Prini Osart gallery

Emilio Prini, Standard (#1 #2 #3 #4), 1967-1971, stampa su carta, cm. 19 x 110

SIGNORE: Sarebbe utile però che lei si informasse in merito a queste opere. Riformulerebbe, sono certo, un giudizio affrettato che mi pare la faccia rimanere a certa timorosa distanza. Questa per esempio si intitola Governo (non standard). Sono pannelli in legno MDF con due tagli che si uniscono in basso e l’applicazione di un foglio di plastica trasparente dal taglio corrispondente. E ancora, osservi quest’altra. Su pannelli di compensato l’artista amplifica alcuni disegni tratti da una delle sue agendine, intervenendo con diversi metodi: matita, gesso bianco, vernice. I segni si intuiscono, si svelano, scompaiono in modo parziale o totale. Interessante vero?

Emilio Prini Osart gallery

Emilio Prini, Governo non-standard, 1986, MDF, plastica trasparente, scotch e cornice, cm. 190 x 100

FRANCESCA: Si, e probabilmente difficile non è il termine più corretto. Diciamo che Prini ha sempre proposto soluzioni insofferenti alle consuetudini, alle convenzioni, alle imposizioni. Lo fa anche in questa occasione. Sollecitando, con ogni espediente, la mia mente. La nostra. E quella di tanti altri, immagino.

Francesca ringrazia il Signore ed esce di scena chiudendo la porta della galleria. Si spengono le luci del teatro. Palco vuoto. Rumori di traffico, acqua ecc. 

Emilio Prini Osart gallery

Emilio Prini, Senza titolo, pittura su legno, cm. 252 x 185
In copertina: Emilio Prini, Senza titolo, pittura su legno, cm. 252 x 185

EMILIO PRINI Osart Gallery, Milano Corso Plebisciti 12

Dal 28 Marzo 2019 al 25 Maggio 2019

Da martedì a sabato, 10 – 13/ 14.30 – 19 (entrata libera)

 Web siteFacebook  – Instagram 

 Foto di Alberto Nidola

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Comments are closed.